Degrado musicale: Tecnologia e Social.

Analizzando il panorama musicale attuale, sia italiano che internazionale, ci rendiamo conto che la platea di cantanti, o presunti tali, è aumentata in maniera esponenziale. Al contrario, però, la qualità e la varietà delle proposte sono ai minimi storici. Ma come siamo arrivati a sdoganare e svendere la musica in questo modo quasi volgare? Semplice: la colpa è della tecnologia e dei social.

Se guardiamo al passato, senza tornare ad ere preistoriche, incidere una canzone richiedeva tantissimo lavoro e molto denaro. Per questo motivo i cantanti si esibivano in piccoli locali sperando di essere notati da quelli che “contavano”, ossia gli agenti delle case discografiche. Queste società, gestite da esperti del settore musicale, valutavano la bravura e le qualità dei cantati e cantautori e promuovevano quelli che avevano tutte le carte in regola per fare successo. È così che abbiamo avuto Zucchero, Vasco, la Bertè, Cocciante, Venditti, Dalla, Guccini, Mina, De Gregori, i Pooh e tanti altri.

Le case discografiche filtravano la qualità musicale non impedendoci, però, di spaziare tra diversi generi anche provocatori, come quelli proposti da un giovanissimo Renato Zero, Vasco, Zucchero o dai Cugini di Campagna. In qualche modo, questo filtro ci ha permesso di crearci una cultura musicale che oggi, almeno personalmente, fa fatica ad accettare la musica moderna e vuota di certi ragazzotti.

Con l’avvento della tecnologia, incidere una canzone è diventato sempre più semplice ma soprattutto è diventato facilissimo divulgare autonomamente il proprio prodotto attraverso le piattaforme social, Youtube su tutte. Qualunque “imbecille” può quindi incidere la propria canzone e caricarla su Youtube diventando produttore di se stesso e senza filtro, a giudicare dalla qualità del prodotto immesso in rete. Ovviamente la volgarità e le provocazioni fanno facilmente presa sul giovane pubblico dei social e nascono così nuovi “cantanti”, di qualità spesso pari o inferiore a zero, ma con tanti followers musicalmente ignoranti. La gran parte di questi soggetti sono, inoltre, meteore. La loro gloria si rivela effimera e dura pochi mesi, il tempo che un altro pubblichi qualcosa di ancora più trash o volgare.

Bisognerebbe infondere nei giovani una cultura musicale profonda in modo che sappiano discernere “l’imbecille” di turno da quello che ha poi realmente i numeri per fare della buona musica, qualcuno che non sia il solito rapper o trapper che hanno veramente saturato, fino alla nausea, il panorama musicale, tutti con gli stessi concetti, tutti disadattati, tutti con gli stessi gesti da dementi e la medesima base musicale.

Un segno dei tempi è la decadenza inarrestabile del Festival di Sanremo che nella sua ultima edizione ha offerto il peggio di sé soprattutto come scelta dei concorrenti da parte di un irriconoscibile Baglioni. Vergognosa la scelta di portare tra i big, ossia tra i grandi cantanti, gente come Boomdabash, Einar, Ghemon, Mahmood, Motta e tanti altri praticamente sconosciuti al mondo della grande musica. Anche in questo caso, il direttore artistico si è fatto travolgere dai social ed ha smarrito il vero senso di un festival che era il fiore all’occhiello della musica italiana, quando partecipavano e vincevano i Pooh, Cocciante, Zanicchi, Cinquetti, Ramazzotti, Cotugno, Leali ecc.

Sanremo 1990 – Pooh – Uomini Soli

Ci sono, comunque, giovani che hanno il coraggio di mettersi in gioco ed accettare la critica feroce partecipando, ad esempio, a talent più seri e selettivi come XFactor e che ci fanno scoprire personaggi straordinari come i Maneskin, Martina Attili o Camilla Musso.

Speriamo, quindi, di avere più cantanti e cantautori di questo tipo e meno ragazzotti presuntuosi, volgari e trasgressivi che non sanno più cosa inventarsi per farsi notare.

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